venerdì 6 maggio 2022

...un altro passo avanti

(immagine dal web - i promotori alla Camera dei Deputati italiana)

Noi di Filo di Speranza sosteniamo i promotori del nuovo progetto di legge per il riconoscimento della vulvodinia e della nevralgia del pudendo. Siamo quindi felici di informarvi qui di seguito dell'ulteriore passo avanti della proposta di legge. Che si arrivi presto a compimento di tutto l'iter, con successo.

“Articolo di Adele Fabrizi apparso su Il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2022

Vulvodinia, fondamentale normalizzarla: dietro ci sono vite compromesse dal dolore

Finalmente nel 2022 la tanto conosciuta e antica dicitura “Tu, donna, partorirai con dolore!” inizia a essere meno categorica, lasciando il posto a una sana consapevolezza di quel che è realmente implicato nelle varie sfaccettature della sfera riproduttiva e sessuale delle donne e a una realtà che è ben diversa dal luogo comune che va a normalizzare e sottovalutare il fattore del dolore, erroneamente considerato insito all’interno della sessualità femminile, dal ciclo mestruale ai rapporti sessuali penetrativi.

Infatti il 3 maggio 2022 è stata presentata alla Camera e depositata in entrambi i rami del Parlamento una proposta di legge che prevede il riconoscimento della vulvodinia e neuropatia del pudendo nei Livelli Essenziali di Assistenza del Sistema Sanitario Nazionale (Lea). Il testo è frutto di un lavoro ampio e partecipato di medici, pazienti e loro familiari, impegnati affinché queste condizioni croniche e invalidanti possano ottenere un riconoscimento tempestivo e una terapia adeguata, che passa attraverso una formazione mirata del personale medico, e una copertura globale delle spese prestazionali e sanitarie da parte delle pazienti.

La proposta, accolta integralmente dai gruppi parlamentari firmatari, è stata promossa dal “Comitato Vulvodinia e Neuropatia del pudendo” che raccoglie cinque associazioni che in Italia si occupano di queste due sindromi: Aiv – Associazione Italiana Vulvodinia Onlus; Ainpu Onlus – Associazione Italiana Neuropatia del Pudendo; Casa Maternità Prima Luce – progetto Gruppo Ascolto Vulvodinia; Associazione VulvodiniapuntoinfoOnlus; Associazione Viva – Vincere Insieme la Vulvodinia; pazienti-attiviste impegnate politicamente per questa causa – in prima linea la testimonial Giorgia Soleri – e professionisti che sul territorio nazionale si sono distinti per l’impegno nella ricerca e nella cura di entrambi i quadri diagnostici.

Infatti, a causa della carenza degli specialisti all’interno delle strutture pubbliche e dei ritardi causati da errate diagnosi o invalidazione dei sintomi, spesso attribuiti a disturbi di ordine psicosomatico, l’accesso a cure valide ed efficaci è precluso in numerosi casi. Ciò incide notevolmente sulla qualità di vita generale e sessuale di queste pazienti, ed è dunque essenziale che lo Stato e il Servizio Sanitario Nazionale riconoscano il problema e se ne facciano carico: queste malattie esistono, si possono e si debbono curare.

Dietro al dolore che si nasconde, ma che allo stesso tempo urla a gran voce, nella vulvodinia – con le sue caratteristiche di bruciore e pressione localizzate in una o più parti del complesso vulvare – e nella neuropatia del pudendo – sindrome cronica dovuta alla sofferenza delle fibre nervose del nervo pudendo, cui è deputata l’innervazione somatica muscolare di tutta la pelvi – ci sono delle donne, delle storie, esistenze compromesse da un dolore fisico costante. Le terapie mediche sono prolungate, richiedono impegno, costanza e pazienza e portano ad alleviare soltanto la componente fisica della condizione, che senza una presa in carico multidisciplinare rischia di essere insufficiente per il miglioramento totale (psichico e sessuale) dello stile di vita di chi ne soffre.

Affinché sia possibile un’esistenza dignitosa e un alleggerimento del macigno prodotto dalla convivenza con sindromi dolorose croniche, è importante che questo venga visto e legittimato come un qualcosa che esiste e che va adeguatamente affrontato. È importante inoltre ricordare che la vulvodinia è una condizione clinica di grande importanza per varie ragioni: è un problema che interessa moltissime donne (circa il 15-16% della popolazione) e, sebbene sia diffusa, è un’affezione tendenzialmente sotto-diagnosticata per una residua ritrosia a parlarne con il proprio medico e perché spesso viene ancora ricondotta esclusivamente a stress o a stati psicopatologici (ansia, depressione).

Oltre al dolore le pazienti sperimentano anche altri sintomi (prurito, bruciore, senso di peso, disagio vulvare), che possono essere particolarmente sgradevoli e compromettere il normale svolgimento delle attività quotidiane. Inoltre, sebbene non sia una condizione pericolosa, può essere associata a svariate complicanze, soprattutto psicologiche, che possono disturbare la vita quotidiana ma soprattutto il rapporto di coppia e l’intimità con il proprio partner.

Per il trattamento della vulvodinia esistono numerosi rimedi la cui efficacia non è universale: alcune donne traggono benefici da rimedi non efficaci su altre pazienti. Pertanto, il trattamento deve essere personalizzato. Ma soprattutto, è fondamentale sottolineare che molte donne riescono a superare con successo la problematica. Alla base della buona riuscita del trattamento vi è soprattutto il dialogo: superare l’imbarazzo di parlarne con il proprio medico di fiducia o con il ginecologo è il primo passo terapeutico. Ma, prima ancora, è fondamentale che questa condizione possa essere considerata e normalizzata a livello legislativo e sociale come qualcosa che possa essere affrontato insieme, con il supporto di tutto il sistema sanitario che miri a validarla. Ci auguriamo pertanto che la proposta di legge possa essere approvata al fine di garantire la dovuta assistenza a tutte le donne.

Ringrazio per la collaborazione la dr.ssa Elisa Ginanneschi”

Leggi articolo originale: qui.


giovedì 5 maggio 2022

...elaborazione del dolore

Elaborazione del dolore nel cervello: cosa c'è di diverso nel dolore cronico?

Questo film è stato sviluppato per illustrare i processi estremamente complessi di trasmissione del dolore e di elaborazione del dolore nel cervello. Il film delinea cosa succede nel cervello con il dolore acuto e come questo è diverso con il dolore cronico.

Il film è rivolto a bambini, adolescenti e giovani adulti con dolore cronico, così come alle loro famiglie, amici e professionisti dalle cure primarie a quelle terziarie. Tutto ciò che percepiamo dal nostro ambiente e dalla nostra esperienza soggettiva viene trasmesso al nostro cervello come stimoli: ad esempio gli stimoli di movimento provenienti dai muscoli, gli stimoli sensoriali come l'udito e gli stimoli dolorosi.

La prima parte del film spiega come funziona la trasmissione del dolore nel dolore acuto, comprese quali parti del nostro cervello svolgono un ruolo nell'elaborazione del dolore: la corteccia prefrontale, il talamo, l'amigdala, la corteccia somatosensoriale. Un'intera rete è coinvolta nell'elaborazione del dolore. C'è uno scambio di informazioni tra le regioni cerebrali coinvolte tramite connessioni neurali. La corteccia prefrontale attira l'attenzione sugli stimoli più importanti attualmente e li comunica al talamo. Il talamo è collegato all'amigdala, che è responsabile dell'elaborazione delle emozioni. Gli stati emotivi hanno un impatto sull'intensità della trasmissione degli stimoli. Il talamo funziona come un filtro, smistando gli stimoli in arrivo e inoltrando i segnali più importanti in modo che ne diventiamo consapevoli. Infine, gli stimoli dolorosi in arrivo sono assegnati a una posizione del dolore corporeo che è mappata nella corteccia somatosensoriale.

La seconda parte del film mostra cosa succede di diverso nell'elaborazione del dolore nel cervello nel caso di dolore cronico e come si verifica la sensibilizzazione al dolore. La corteccia prefrontale richiama ripetutamente l'attenzione su situazioni potenzialmente dolorose. Molte situazioni di vita stressanti e forti emozioni portano l'amigdala ad aumentare la trasmissione degli stimoli dolorosi attraverso il talamo. Prestando attenzione al dolore, nel talamo arrivano più stimoli dolorosi già noti. A causa dell'abbondanza di piccoli e grandi stimoli di movimento e dolore in entrata e della mancanza di inibizione da parte della corteccia prefrontale e dell'amigdala, vengono trasmessi più stimoli di prima per l'elaborazione cosciente. Anche gli stimoli di movimento vengono erroneamente percepiti come stimoli dolorosi. Il talamo è diventato più sensibile agli stimoli del dolore. L'aumento del numero di stimoli dolorosi e di movimento in entrata raggiunge una corteccia somatosensoriale sempre più attivata attraverso connessioni nervose fortemente sviluppate. Anche piccoli stimoli di dolore e movimento vengono percepiti consapevolmente e possono portare a una maggiore sensibilità al dolore e quindi a un aumento del numero di sedi del dolore.

mercoledì 4 maggio 2022

...partecipate al sondaggio

Vi rinnoviamo il nostro invito a partecipare al sondaggio sulla nevralgia del pudendo, la vulvodinia e vestibolodinia. Tutte patologie del dolore cronico del pavimento pelvico.

È importante il vostro contributo, perché ci aiuterà a conoscere più a fondo i sintomi e tutti gli altri problemi che derivano da questo dolore cronico. Sia a livello medico, che sociale, che lavorativo.

Grazie!

Vai al sondaggio: clicca qui.


martedì 3 maggio 2022

...conoscere il dolore e disimpararlo

(Leakey che rimane ore sui pioli)

“Possiamo disimparare il dolore? Aiutare a dare un senso al dolore cronico

Outwit, outplay, outlast. Proprio come il motto del programma televisivo Survivor, un triplice approccio all'apprendimento del dolore potrebbe migliorare la vita delle persone che soffrono di dolore cronico, secondo una nuova ricerca dell'Università del South Australia.

Condotta dal dottorando UniSA e campionessa australiana Survivor 2021, Hayley Leake, la ricerca mostra che gli adulti che si riprendono dal dolore cronico apprezzano l'apprendimento di tre concetti di dolore:

·       Il dolore non significa che il mio corpo sia danneggiato
·       Pensieri, emozioni ed esperienze influenzano il dolore
·       Posso riqualificare il mio sistema di dolore iperprotettivo.

Leake afferma che questi concetti riflettono un'applicazione moderna del modello bio-psicosociale, che è fondamentale per fornire interventi efficaci per aiutare le persone con dolore cronico.

"Il dolore cronico è sperimentato da un australiano su cinque e, quando il dolore persiste, può interrompere ogni aspetto della vita, inclusi scuola o lavoro, relazioni sociali e familiari e salute fisica e mentale", afferma Leake.

“La moderna scienza del dolore suggerisce che il dolore è un segnale protettivo del cervello in risposta alla minaccia. La minaccia può assumere molte forme, non solo ciò che sta accadendo nel tuo corpo, ma anche i tuoi pensieri, le tue emozioni e il tuo contesto.

“Nella sfida finale su Survivor, sono rimasta su dei pioli stretti per quasi cinque ore e mezza (vedi immagine). Per gestire quel dolore, ho cercato di de-minacciare la sfida nella mia mente ripetendo a me stessa: "I miei piedi sono forti, il mio corpo è al sicuro, questo non è pericoloso." Avere una comprensione più profonda del solito di come funziona il dolore grazie alla mia ricerca, e quanto sia forte e resistente il nostro tessuto corporeo, probabilmente ha anche ridotto il mio dolore durante quel compito.

“Usando questo stesso modello – meno minaccia equivale a meno dolore – sto esplorando idee sbagliate sul dolore. In primo luogo, l'idea sbagliata che il dolore rifletta il danno tissutale.

"Riformulando la conoscenza del dolore, spero che possiamo fare una differenza positiva nella vita delle persone confrontate con il dolore cronico".

Utilizzando un approccio a metodi misti, la ricerca di Leake ha esplorato il valore dell'educazione alla scienza del dolore tra 97 partecipanti.

I risultati hanno mostrato che l'educazione scientifica del dolore ha aiutato le persone a riprendersi dal dolore cronico comprendendo che ciò non significava che il loro corpo fosse ferito; che lo stress e le emozioni possono aumentare la percezione del dolore; e che era possibile riformulare il dolore come una "protezione eccessiva" che poteva essere ridotta.

Leake afferma che è anche importante comprendere il ruolo dell'educazione scientifica del dolore per una coorte di adolescenti, che può essere influenzata negativamente dal dolore cronico.

“Gli adolescenti riferiscono di sentirsi incerti e ansiosi riguardo alla loro diagnosi di dolore cronico; vogliono un'ulteriore spiegazione al di là di una semplice etichetta. È importante aiutarli a dare un senso al loro dolore.

“Quando comunichiamo i concetti del dolore agli adolescenti, abbiamo identificato sette obiettivi di apprendimento che possono aiutare gli adolescenti a comprendere meglio il dolore:

·       Il dolore è un protettore
·       Il sistema del dolore può diventare iperprotettivo
·       Il dolore è un output del cervello
·       Il dolore non è un indicatore accurato dello stato dei tessuti
·       Ci sono molti potenziali contributori al dolore di chiunque
·       Siamo tutti bioplastici (adattabili al cambiamento)
·       L'educazione al dolore è un trattamento.

"Idealmente, aiutare gli adolescenti a imparare che il dolore non indica danni ai tessuti o al corpo, può dissociare qualsiasi paura di essere nuovamente feriti, aiutandoli a muoversi e iniziare a riprendersi prima", afferma Leake.

“Aiutandoli a capire che lo stress può influenzare il dolore, sono motivati ​​ad affrontarlo nelle loro vite.

“Riformulare le percezioni del dolore è fondamentale. Instillare la speranza che il cambiamento sia possibile può fare la differenza per un giovane alle prese con un dolore cronico”.”

Traduzione di Filo di Speranza

Leggi articolo originale: qui.

domenica 1 maggio 2022

venerdì 29 aprile 2022

…vocabolario del dolore – no. 4

(immagine dal web)

Nocicezione

Il termine nocicezione deriva dall’unione di due parole latine: noceo, essere nocivo, e cezione, ricevere. Nonostante sia spesso identificata con il dolore, in realtà può esserci nocicezione senza che ci sia dolore.

La nocicezione può essere intesa come l’insieme di meccanismi che trasmettono lo stimolo dall’area periferica al sistema nervoso centrale, in cui viene tradotto in esperienza sensoriale.

Tutto questo avviene attraverso i nocicettori, le strade sulle quali gli stimoli viaggiano per raggiungere il nostro cervello sotto forma di sensazioni.

È evidente che il meccanismo di nocicezione è essenziale per la sopravvivenza, in quanto sistema preposto a proteggere il nostro organismo da quegli stimoli che possono rivelarsi dannosi.

Sebbene la nocicezione sia stata considerata per molto tempo come sinonimo di dolore, è ormai assodato che la nocicezione non deve necessariamente essere associata all’esperienza del dolore. È il caso di quando ci sottoponiamo ad un massaggio o qualcosa di analogo e il sistema nocicettivo si attiva, trasmettendo gli stimoli al sistema nervoso centrale che li traduce in sensazioni di piacere.

Sistema nocicettivo

Il nocicettore è solo una parte del sistema nocicettivo, che nel suo complesso può essere definito sinteticamente da:

·       insieme di fibre nervose afferenti (quelle che trasportano lo stimolo dalla periferia al centro);

·       diverse tipologie di neuroni sistemati in varie parti del sistema nervoso centrale (midollo spinale, tronco dell'encefalo, diencefalo e telencefalo).

Il sistema nocicettivo ha relazioni con altre aree cerebrali che permettono di associare ulteriori proprietà allo stimolo algico, quali ad esempio la componente motivazionale-affettiva. Verosimilmente nella complessa catena che elabora lo stimolo nocicettivo di partenza sono coinvolti anche vari circuiti talamo-corticali e limbici, che integrano le ulteriori proprietà.

(immagine dal web)