Inauguriamo
questa rubrica con un primo articolo scritto dalla nostra operatrice, esperta
nutrizionista,
Teresa Chiaradonna
La sua filosofia:
“In tanti anni di esperienza ho maturato
la consapevolezza che ciò che conta, prima ancora della professionalità e il
sapere scientifico (che pure sono importanti per difendersi da notizie false
che non trovano una ragione scientifica) è la capacità di creare una relazione
di fiducia dove la persona trovi uno spazio dentro il quale aprirsi e
incominciare un percorso finalizzato ad acquisire nuove conoscenze di sé e del
suo comportamento alimentare per potere compiere un cambiamento dello stile di
vita a lungo termine.”
Le
abbiamo chiesto un contributo sul microbiota intestinale, di cui si parla
molto.
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Il
microbiota intestinale : c’è una pertinenza nella fibromialgia?
Il
microbiota intestinale è costituito da una comunità dinamica e ampiamente
differenziata di microrganismi (batteri, virus,
funghi) che abitano in particolare nel tratto intestinale dell’essere
umano . Negli ultimi anni c’è un crescente interesse per il ruolo che il
microbiota potrebbe avere nel mantenimento dello stato di salute ma anche di
malattia dell’ospite stesso.

Ci sono
molte evidenze scientifiche rispetto al coinvolgimento più meno diretto del
microbiota intestinale e la patogenesi di diverse patologie in più campi che
includono la gastroenterologia (a titolo di esempio malattie infiammatorie
dell’intestino, sindrome dell’intestino irritabile, stipsi, malattie tumorali
del tratto intestinale), malattie metaboliche (a titolo di esempio diabete,
obesità, dislipidemie), malattie reumatiche (per esempio artrite reumatoide),
disordini psichiatrici e neurologici (a titolo di esempio autismo,
depressione). Recentemente gli studi scientifici incominciano a mettere in
evidenza un ruolo tra il microbiota intestinale e il dolore cronico
specialmente la fibromialgia.

La
composizione della comunità del microbiota è alterata negli individui affetti
da fibromialgia con una rappresentanza squilibrata di un piccolo sottoinsieme
di specie batteriche. Alcune di queste specie o aumentano o diminuiscono nei
pazienti affetti da fibromialgia, che hanno un’attività metabolica che possono
avere una pertinenza nell’espressione della sindrome stessa.
Il
meccanismo sottostante che potrebbe consentire a queste specie batteriche di
influenzare la sensazione di dolore, fatica, umore e altri sintomi è legata
alla produzione di acidi grassi a catena corta, al metabolismo degli acidi
biliari e alla produzione di neurotrasmettitori e antigeni batterici che si
riversano in circolo influenzando l’attività
del sistema nervoso coinvolto nel dolore .
Quindi entra il concetto dell’asse microbiota intestinale e cervello: il superamento della barriera intestinale di microbi, componenti dei microbi o sostanze metaboliche dei microbi e arrivano al sistema nervoso influenzandone l’attività. C’è una bi direzionalità tra l’intestino e il sistema nervoso; effetti neurologici mediati tramite il sistema nervoso autonomo così come l’asse ipotalamo ipofisi è diretto sulle funzioni intestinali che a loro volta sono influenzate dal microbiota intestinale. Il microbiota intestinale influenza molti aspetti del funzionamento neurologico, sia a livello cognitivo che emozionale, ma con crescenti evidenze d’influenza anche sulla percezione del dolore.
Dei
ricercatori stanno cercando di capire i meccanismi della fibromialgia che
potrebbe spiegare lo sviluppo della sensibilizzazione che partirebbe da un’ attivazione alterata
dei recettori periferici oppure da una sensazione alterata da parte del sistema
nervoso. E’ in questo ambito che il microbiota intestinale può avere delle
implicazioni nella comprensione e nel trattamento dei pazienti affetti da fibromialgia.
Ma cos’è e cosa fa effettivamente il
microbiota?
Il microbiota intestinale consiste in un enorme quantità di microrganismi esistenti in uno stato in continua evoluzione nell'intestino umano; esso include : batteri, funghi, virus, elminti, protozoi e tutti insieme formano un complesso e ricco ecosistema. La composizione del microbiota è dinamica ed è influenzata dall’ospite stesso e da diversi fattori ambientali. Incomincia a formarsi entro le prime ore di nascita e varia in base alla dieta, stile di vita e all’età dell’ospite.
Mentre il microbiota intestinale è modellato dall’ospite (in particolare da un certo patrimonio genetico, dall’alimentazione, dall’assunzione di farmaci, antibiotici) e da fattori ambientali, il microbiota intestinale a sua volta ha effetti sulle funzioni metaboliche, immunologiche e fisiologiche dell’ospite.
I meccanismi sottostanti che consentono queste attività bi direzionali sono diversi e includono:
- l’infiltrazione degli antigeni batterici che stimolano il sistema immunitario e ne favoriscono una buona maturazione
- la secrezione di metaboliti batterici che hanno azione su molti organi dell’ospite
- il metabolismo e la degradazione dei nutrienti e dei medicamenti
- la produzione di acidi grassi a catena corta che hanno attività protettiva e antitumorale della parete intestinale oltre ad avere un’influenza protettiva sulle patologie cardiovascolari e non solo
- e molti altri.
Sono queste le ragioni per cui un’alterazione del microbiota può determinare uno stato di malattia a più livelli come si diceva nell’introduzione.
Molti studi hanno dimostrato un’alterazione di diversi batteri quali i Bifidobatteri, i Lattobacilli e in particolare il Faecalibacterium prausnitzii nella sindrome dell’intestino irritabile. L’azione sottostante è quindi l’alterazione della barriera intestinale, con attivazione del sistema immunitario che porta ad una sensibilizzazione dei neuroni sensoriali che provoca dolore. Alterazioni nella composizione della microbiota intestinale sono stati osservati in diverse patologie che danno dolore come : il dolore cronico pelvico, la sindrome da fatica cronica, malattie reumatiche, quali l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso e la spondilite anchilosante e in ultimo anche la fibromialgia. E’stato trovato in particolare per la fibromialgia un’alterazione della produzione degli acidi grassi a catena corta del metabolismo degli acidi biliari secondari: Faecalibacterium prausnitzi e Bacteroides uniformes sono stati trovati in presenza meno abbondante (essi hanno attività antiinfiammatoria) rispetto ad altre specie quali Clostridium scindes che invece risulta essere ad attività pro infiammatoria e a quanto pare questa alterazione porta anche all’espressione di una certa severità dei sintomi.
Si può aggiungere qualcosa per la cura della fibromialgia?

Nonostante i fatti ci indicano che il microbiota sia suscettibile di cambiamento per mezzo d’interventi dietetici, assunzione di probiotici e addirittura con il trapianto fecale tra sani e malati, si deve riconoscere che ad oggi i consigli basati sull’evidenza scientifica sono ancora limitati per diverse ragioni: per primo il microbiota è molto variabile, secondo mentre può essere allettante normalizzare la composizione del microbiota in caso di fibromialgia, dobbiamo tenere a mente l’ estrema complessità dell’ecosistema. Per esempio c’è un batterio che risulta poco presente nella fibromialgia, per contro lo si vede aumentato nelle artriti. Inoltre anche se dovessimo avere una composizione ideale del microbiota a cui aspirare, le modalità disponibili per alterare la composizione del microbiota non sono ancora sufficientemente perfezionati per consentire modifiche dirette.
Ci sono ancora insufficienti studi in questo momento che possano confermare che una manipolazione sul microbiota possa avere un impatto sui sintomi della fibromialgia, si potrebbe però suggerire che andare verso una dieta povera o addirittura priva di zuccheri aggiunti e farine raffinate, ricca di ortaggi, cereali integrali, semi oleosi, pesce e olio d’oliva extravergine come suggerito dal modello mediterraneo, riequilibra e nutre in maniera adeguata il microbiota giovando sul mantenimento della salute per cui anche sui sintomi della fibromialgia
Dietista Teresa Chiaradonna
02/03/2021
I contenuti sono tratti da una Review “Gut microbiome: pertinence in fibromyalgia” – Clinical and Experimental Rheumatoloy – Febbraio 2020