lunedì 30 novembre 2020

...vogliamo farvi un regalo

 


Si sta avvicinando il periodo natalizio, e anche noi vogliamo farvi un regalo.
Continuate a leggere questo blog, e a dicembre scoprirete cosa vi metteremo sotto l’albero. 

 

domenica 22 novembre 2020

...nulla è "per sempre"

(immagine dal web)
 

Ann-Marie D'arcy-Sharpe è una donna che soffre di dolore cronico, più precisamente di fibromialgia, e anche lei ha deciso di tendere una mano a coloro che sono nella stessa condizione: ha un blog  in cui affronta tutto il mondo del dolore cronico e offre suggerimenti per stare meglio.

Il concetto del dolore cronico di "essere per sempre" 

Quando ti viene diagnosticato un dolore cronico, è normale che ti venga detto che non c'è molto che i medici possano fare. Molti vengono mandati via senza una diagnosi a causa dello stigma. Coloro che vengono diagnosticati vengono raramente indirizzati a un trattamento appropriato. A molti viene detto che dovranno "imparare a convivere" con il loro dolore cronico.

Questa è stata la mia esperienza. Quando mi è stata diagnosticata la fibromialgia, non mi è mai stata data alcuna indicazione che fosse curabile. Non mi sono mai state offerte terapie psicologiche o alcun tipo di trattamento efficace. Andavo regolarmente via dall'ambulatorio dello specialista con l'impressione che questa sarebbe stata la mia vita adesso e che avrei dovuto cercare di andare avanti con le cose come stavano. Fino a quando non ho iniziato a fare le mie ricerche, non avevo idea che i miei sintomi potessero migliorare, che avrei potuto tornare al lavoro e alle attività che mi piacevano e che avrei potuto vivere una vita piena!

Quando senti che il dolore cronico è per sempre, il futuro può sembrare scoraggiante. Inizi a chiederti se puoi fissare obiettivi per il futuro, se sarai mai in grado di funzionare e goderti la vita.(...)

Il fatto che ci siano trattamenti là fuori che possono aiutare le persone a riprendersi la vita, ma le persone non ne sono consapevoli, è una situazione che non va bene. Nessuno merita di sentire di non avere speranza, quando sono disponibili opzioni scientificamente provate, facilmente accessibili ed economiche!”

Traduzione di Filo di Speranza

Post consigliati:

vivere con la fibromialgia 

il dolore cronico può essere curato? 

 

domenica 15 novembre 2020

...un vuoto culturale

  

(estratto dal film "Cake" con Jennifer Aniston)
Jennifer Aniston interpreta una donna affetta da dolore cronico.
Disperata, va in Messico per acquistare oppiacei.

Tutti i pazienti affetti da dolore cronico sanno quanto tardi arriva la diagnosi. Per non parlare di quanto spesso si viene curati (in buona fede ma in modo sbagliato) con un uso massiccio di benzodiazepine, che stordiscono ma non risolvono il problema del dolore cronico.
Bisogna fare molta attenzione. I pazienti mal-curati possono ridursi a dipendenze nocive, a tossicodipendenze. E nei casi estremi a fare capo anche al mercato illegale pur di procurarsi certe sostanze. Negli Stati Uniti è diventato un fenomeno molto allarmante.
Per chi vuole approfondire questo tema, vi rimando a questo articolo: clicca qui

Qui di seguito invece, un estratto da un libro molto interessante pubblicato nel 2015 ma tuttora attuale (analgesici oppioidi: uso, abuso ed addiction):

“(…) Il dolore cronico è pertanto poco trattato perché:
• Non c’è l’abitudine a rilevare e a misurare il dolore da parte dei medici;
• Non è considerato una priorità;
• Vi sono carenze culturali circa la sua fisiopatologia e natura;
• Vi sono carenze culturali circa il trattamento che non è solo farmacologico;
• Vi è il timore della dipendenza dagli oppiacei;
• Non vi è sufficiente formazione di medici e infermieri esperti nell’area dolore.

Da quanto emerso nel precedente paragrafo possiamo affermare che per affrontare il dolore sarà necessario sapere quale meccanismo patogenetico determina il quadro doloroso, alfine di poterlo contrastare con la prescrizione di una terapia appropriata. (…)

Inoltre per trattare appropriatamente  il dolore cronico sarà necessario attivare più trattamenti che  spesso potrebbero e dovrebbero coesistere. Alla luce delle caratteristiche del dolore e della possibile coesistenza di differenti meccanismi che ne sostengono e ne perpetrano la sussistenza, la combinazione di più terapie mirate può risultare essere più efficace e meno rischiosa per il paziente, evitando l’uso di analgesici in mono-terapia a dosi elevate. Questo approccio potrebbe evitare in un prossimo futuro quello che sta succedendo in USA dove la terapia cronica con oppiacei sta portando ad un crescente allarme, anche a carattere sociale e quindi non solo medico-sanitario.(…)”

Leggi il libro intero: Analgesici, oppioidi, uso abuso ed addiction

lunedì 9 novembre 2020

...lezioni per stare meglio no. 7


 
 “Tensione è chi pensi che dovresti essere, pace è chi sei”
(proverbio cinese)

7. La meditazione per stare meglio

 “L’introduzione della consapevolezza nell’insieme dei processi sensoriali in un certo senso favorisce la percezione e l’integrazione del cervello con il corpo e con una visione più ampia dell’esperienza stessa. Almeno così ci sembra. Forse è vero che la corteccia somatosensoriale si modifica in risposta a regolare pratica di meditazione di questo genere; quel che è certo è che, a mano a mano che ci sintonizziamo sulle varie dimensioni del panorama corporeo, noi sentiamo che la nostra consapevolezza del corpo si fa sempre più raffinata, più sottile, più sensibile, più ricca di sfumature emozionali. E questa sensazione è supportata dai resoconti dei tantissimi pazienti che praticano la meditazione: questi riferiscono i cambiamenti profondi che produce la pratica dell’esplorazione del corpo quotidiana, per un periodo di svariate settimane, nella relazione che hanno con il dolore cronico o con il cancro o con la cardiopatia, con la paura che provano, con il loro modo di vedere il proprio corpo. Non di rado accade che mentre si pratica l’esplorazione del corpo si percepiscano le sensazioni fisiche in maniera più acuta, al punto da sentire anche più dolore, una maggiore intensità di sensazioni in certe zone. Allo stesso tempo, inoltre, nel contesto della pratica di consapevolezza si accolgono le sensazioni con maggiore precisione e cura, quali che siano la loro natura e intensità, e si sovrappongono loro meno strati di interpretazioni, giudizi e reazioni come l’avversione e gli impulsi di fuga.

Nell’esplorazione del corpo noi sviluppiamo un’intimità maggiore con la sensazione nuda e cruda, ci apriamo a quello scambio di dare-e-ricevere che è proprio della reciprocità fra le sensazioni in sé e la consapevolezza che ne abbiamo. Ne risulta, non di rado, che le sensazioni ci disturbano di meno, o in un modo diverso, più saggio, anche quando sono piuttosto acute. La consapevolezza insegna a lasciare che le sensazioni siano come sono e ad accoglierle senza che inneschino una gran reattività emotiva e la solita turbolenta attività di pensiero che ne consegue. A volte parliamo di consapevolezza e discernimento discriminanti, ossia di questo « non abbinamento » della dimensione sensoriale dell’esperienza del dolore con le dimensioni emozionali e cognitive del dolore stesso; questo si può verificare spontaneamente. Nel processo a volte l’intensità delle sensazioni stesse si riduce; in ogni caso chi le prova può arrivare a considerarle meno pesanti, meno debilitanti.

È come se la consapevolezza stessa, soffermandosi con le sensazioni senza giudicarle né reagire loro, guarisca la visione che abbiamo del corpo e le permetta di venire a patti, almeno in parte, con le sue condizioni così come sono al presente; in questo modo le sensazioni smettono di esercitare una continua erosione della qualità della nostra vita, anche in presenza di dolore o malattia. Essere consapevoli del dolore è davvero tutt’un mondo diverso, rispetto a esserne prigionieri e in lotta perenne; basta fare un solo passo dentro quel mondo per trovarvi un po’ di soccorso e di sollievo. In sé questa è già un’esperienza liberatoria: è una profonda liberazione, almeno in quel momento, da un modo più ristretto di vivere l’esperienza del dolore quando non viene considerata come pura e semplice sensazione. Non si tratta in alcun senso di una cura: si tratta di un processo in cui ci si apre e si impara e si accetta di navigare sugli alti e bassi di quello che in precedenza era impenetrabile e ingestibile.

Alle persone che vengono alla Clinica per la riduzione dello stress diciamo: « Quale che sia la vostra situazione, in qualunque condizione vi troviate, per quanto dolore e sofferenza abbiate sopportato finora, per quanta disperazione possiate provare, se vi dedicate con tutti voi stessi alle pratiche di meditazione molto probabilmente arriverete a scoprire almeno che potete fare qualcosa per la vostra condizione. E a volte questo ‘qualcosa’ è tantissimo, è un’enorme rivelazione ».

La vita risponde in modo davvero notevole all’attenzione saggia, forse anche per la profonda plasticità del sistema nervoso; ma l’attenzione saggia richiede che noi, di fronte alle grandi sfide della vita, specie a quelle che portano con sé grandissima sofferenza e lutto, davanti a tutto il dolore e la confusione e perfino alla disperazione, si sia disposti a fare un certo genere di lavoro su noi stessi e con noi stessi, un lavoro che nessuno sulla faccia della Terra può fare al posto nostro, per quanto lo desideri, magari, per quanto affetto abbia per noi, per quanto dispiacere possa provare per noi, per quanto ci stia aiutando in tutti i modi possibili.

Nel campo dell’esperienza interiore ed esteriore le cose sono modificabili a un livello stupefacente; lo sono molto di più se ci si alza e ci si rimbocca le maniche: a volte soltanto a quella condizione. Potrebbe essere il compito più difficile al mondo; per quel che mi riguarda credo che coltivare la consapevolezza e assaporare la libertà dalla mente condizionata sia davvero il compito più difficile che ci sia al mondo.

Ma in fin dei conti che altro fare? A essere appesa a un filo, in equilibrio, è la propria stessa vita; già per questa ragione si tratta non solo di una sfida ardua, ma anche di un lavoro che dà profonda soddisfazione. Vi si scopre che essere pienamente presenti è già di per sé proprio appagante, occuparsi di quello che c’è in modo non reattivo e non giudicante anche quando — specialmente quando — si tratta di paura, solitudine, confusione e della sofferenza psichica che accompagna questo genere di stati mentali. Scopriamo che su questi stati mentali e fisici si può lavorare, il che significa in ultima analisi che sono passibili di profonda guarigione.”

Da: Jon Kabat-Zinn*, Riprendere i sensi, TEA, 2008

*Inventore della mindfulness


lunedì 2 novembre 2020

...una nuova era per la medicina mente-corpo

(immagine dal web)

Gli esperti di medicina mente-corpo sollecitano la piena integrazione della riduzione dello stress nella cura e nella ricerca

In una prospettiva pubblicata sul New England Journal of Medicine, i ricercatori del Benson-Henry Institute (BHI) per la medicina del corpo e della mente del Massachusetts General Hospital (MGH) chiedono un uso più ampio delle pratiche mente-corpo.

In un'epoca in cui la meditazione, lo yoga e la consapevolezza aumentano di popolarità per il benessere generale, il pezzo sottolinea la necessità di integrare completamente queste pratiche di riduzione dello stress nei piani di trattamento dei pazienti e nella ricerca medica.

Lo stress va ad esacerbare l'ansia e la depressione, e svolge un ruolo in condizioni come malattie cardiovascolari, disturbi autoimmuni, sindrome dell'intestino irritabile, mal di testa e dolore cronico, secondo l'autore principale Michelle Dossett, MD, Ph.D., della UC Davis Health.

"Riducendo la risposta allo stress del corpo, le pratiche mente-corpo possono essere un potente complemento in medicina aiutando a diminuire i sintomi dei pazienti e migliorando la loro qualità di vita", afferma Dossett, che era un medico e ricercatore al BHI quando la prospettiva è stata scritta.

Nonostante il suo recente aumento di popolarità tra il grande pubblico, la medicina mente-corpo non è nuova. I ricercatori del BHI integrano il campo della medicina mente-corpo nei programmi di assistenza clinica, ricerca e formazione di MGH dal 2006.

Le prime ricerche sui vantaggi di tali tecniche risalgono a oltre 40 anni fa, quando il fondatore dell'istituto e autore senior della prospettiva, Herbert Benson, MD, divenne uno dei primi medici occidentali a portare spiritualità e guarigione in medicina ed è famoso per il suo lavoro con la Risposta di Rilassamento.

"La Risposta di Rilassamento", afferma Benson, "è una capacità innata e antistress che trascende le differenze che separano la mente dal corpo, la scienza dalla spiritualità e una cultura dall'altra".

Al BHI, la medicina mente-corpo è ampiamente riconosciuta come la terza gamba di uno sgabello a tre gambe: la prima gamba è la chirurgia, la seconda è la farmacologia e la terza è la cura di sé, in cui i pazienti apprendono tecniche per migliorare la propria salute attraverso medicina mente-corpo, nutrizione ed esercizio fisico.

"La medicina occidentale ha prodotto benefici per la salute rivoluzionari attraverso i progressi nelle farmacoterapie e nelle procedure", descrivono i ricercatori nella prospettiva. "Ora deve affrontare enormi sfide nel combattere le malattie non  trasmissibili legate allo stress. ... Il dolore cronico, spesso perpetuato dallo stress psicosociale, è diventato un'epidemia che il nostro arsenale farmaceutico è scarsamente attrezzato per gestire e i costi medici continuano a salire. Le terapie mente-corpo possono essere un utile complemento nella gestione del dolore cronico e di altre malattie non trasmissibili legate allo stress promuovendo la resilienza attraverso la cura di sé ".

L'articolo affronta anche le nozioni preconcette di medicina mente-corpo dei pazienti scettici, nonché le barriere previste per la copertura dei servizi e l'educazione dei medici sull'uso appropriato di questi strumenti. Queste sfide rafforzano ulteriormente la necessità di continuare la ricerca e gli investimenti nello sviluppo e nell'attuazione di pratiche personalizzate per massimizzare il loro potenziale di salute pubblica.

Dossett e i suoi colleghi rilevano anche come che le pratiche mente-corpo possono essere utili per ridurre lo stress correlato all'epidemia di COVID-19.

Benson e il coautore della prospettiva Gregory Fricchione, MD, che è l'attuale direttore del BHI, guidano il campo della medicina mente-corpo e della ricerca per contrastare gli effetti dannosi dello stress, promuovendo così la salute e riducendo la vulnerabilità alle malattie legate allo stress. Dossett, che si è formata e ha avuto come mentori Fricchione e Benson, sposta la ricerca sulla medicina mente-corpo oltre le mura del BHI presso l'UC Davis Health come ricercatore principale in medicina integrativa e assistente professore di medicina interna.

 

Traduzione di Filo di Speranza.

More information: Michelle L. Dossett et al. A New Era for Mind–Body Medicine, New England Journal of Medicine (2020). DOI: 10.1056/NEJMp1917461